Le giovanili del Monza e l’infortunio al crociato, poi finisce in galera | Gianfranco Zola lo salverà dal baratro

Gianfranco Zola - Foto Lapresse - Ternanatime.com
Una storia di redenzione per un talento mai sbocciato, finito in galera dopo la rottura del crociato, ad aiutarlo è stato Zola
Da promessa del pallone a criminale. Questa è la storia di un talento che è finito in giri loschi che lo hanno portato a essere incarcerato e in seguito all’ospedale psichiatrico giudiziario. Ma la vicenda ha un lieto fine inaspettato. Il protagonista del racconto nasce nel 1963 e dimostra sin dalla tenera età di essere molto bravo a giocare a calcio.
Dall’oratorio alla squadra di paese, coltiva le sue doti e il sogno di fare della sua passione un mestiere, entrando nel circuito professionistico. L’adolescenza non è semplice, con molti compagni di scuola che entrano nelle organizzazioni criminale della zona.
Fa un provino con il Milan, che decide di mandarlo a giocare nel vivaio del Monza, con la maglia numero 10 e, a detta di alcuni esimi colleghi, che già erano protagonisti in serie A, aveva le qualità per sfondare per il tocco di palla e la visione di gioco.
Poi è arriva la rottura del legamento crociato e l’inizio di un calvario che lo porterà ad abbandonare l’obiettivo di diventare calciatore, abbracciando invece scelte di vita irregolari, con la galera come conseguenza.
Dal carcere all’incontro con Zola, i momenti bui della vita dell’ex gioiello del calcio brianzolo
Lui è Fabrizio Maiello, denominato il Maradona delle carceri. Nel 1994 cercherà di rapire Gianfranco Zola, che era esploso a Parma. A L’Unione Sarda racconterà che quest’operazione serviva per ricattare il club emiliano.
Queste le sue parole: “Nel 1994 ero latitante. Era autunno. Dovevo rapire Gianfranco Zola, che all’epoca giocava nel Parma, per chiedere il riscatto al club. Lo seguivamo in autostrada e pensavamo di speronarlo: poi si è fermato a fare benzina“.

Zola lo ha salvato da un destino segnato
Al momento dell’incontro è successo un fatto inaspettato: “Avevo la pistola dietro la schiena e gli sono andato incontro. Ho incrociato il suo sguardo e con dolcezza ci ha detto: ‘Ciao ragazzi!’. Invece di rapirlo gli ho chiesto un autografo che mi ha fatto sulla carta d’identità“.
Oggi Maiello ha riacquistato la propria libertà e ha detto fine ai diversi reati commessi. Il rimpianto di non essere diventato calciatore resta ma deve dire grazie proprio a un suo possibile collega se ha iniziato un percorso che lo ha portato alla redenzione.